lunedì 7 gennaio 2013

Acireale: "Il Carnevale più bello di Sicilia"




il carro 'Lasciamoli Vivere' di Giovanni Coco - 1990, che ha partecipato al Carnevale Ambrosiano
Le Origini
 Il Carnevale di Acireale vanta un’antica tradizione e già dalla fine del’500 se ne parla.
A quei tempi aveva ancora il carattere di una manifestazione spontanea e la partecipazione di popolo era pressoché totale. 
Già nel 1600 nel territorio di Aci vi era l’usanza di duellare a suon di uova marce e agrumi per le strade, divertimento preferito. Nel 1612 un bando della Corte criminale di “Jaci” vieta categoricamente ai cittadini di qualunque ceto, di “giocare” al tiro di arance e limoni durante il periodo di “carnelivari” a causa di gravi fatti (feriti e danni alle cose) accaduti negli anni precedenti. Tale usanza è tutt’oggi in voga nella lontana Ivrea.
Agli inizi del ’700 il carnevale acese andò raffinandosi e arricchendosi di una carica di ilarità grazie anche agli “abbatazzi”, poeti popolari abili nell’improvvisare spassose rime per le strade e nelle piazze. Nell’Ottocento il carnevale compì un salto di qualità con l’introduzione della “cassariata”, sfilata di “lando”, carrozze trainate da cavalli riservati ai nobili della città che lanciavano raffiche di confetti agli spettatori. Negli angoli di ogni strada bizzarri e spiritosi giochi popolari, come l’albero della cuccagna, il tiro alla fune e la corsa con i sacchi, giochi tornati alla ribalta da diversi anni. Ma è solo alla fine degli anni venti che per il carnevale di Acireale avviene la grande svolta: un forte richiamo turistico di autentico valore folklorico. All’inizio degli anni trenta invece entrano in scena le maschere in cartapesta, che poi si trasformano in carri allegorici trainati dai buoi, contornati da personaggi e gruppi satirici in movimento.  Un tocco di eleganza e di vivacità al carnevale di Acireale viene conferito dalle macchine infiorate: le prime automobili addobbate richiamano il ruolo ricoperto dai “lando” durante l’Ottocento. Nel 1948 entra nel novero delle più rinomate manifestazioni a livello internazionale.
E’ così da 70 anni che il carnevale di Acireale viene definito come il “più bello della Sicilia”: ogni anno i carri allegorico-grotteschi realizzati in cartapesta e quelli infiorati vengono realizzati senza alcun risparmio di estro creativo; lo stesso avviene per le maschere indossate dai gruppi che animano il corso carnevalesco di Acireale. Ancora oggi al carnevale si affianca la parata medievale dei Rioni di Motta Sant’Anastasia denominata “Tre re a corte di re Carnevale”, oltre ai gruppi folkloristici e quelli di majorettes.

Nascita dei Carri Allegorici di Acireale

L’idea di istituire i primi carri allegorici venne concretizzata da Papa Alessandro VI (1492-1503), comunemente detto dagli italiani Borgia. In Sicilia nel 1601 si ebbe il primo carro allegorico (3 di marzo in Palermo), dove il soggetto realizzato era il dio Nettuno, intorno al quale danzavano dei personaggi impersonanti delle sirene. Nella nostra Acireale sebbene la lavorazione della cartapesta abbia origini antiche, per la realizzazione di statue sacre, per vedere realizzati i primi carri allegorici bisogna attendere qualche secolo, cioè quando alcuni volenterosi artigiani tra cui Sebastiano Longo (1839-1912), iniziarono la lavorazione della carta pesta nell’intenzione di realizzare i primi carri, che si concretizzarono intorno al 1880.
Nel corso di quest’ ultimo secolo, diversi altri cantieri si sono avvicendati per arricchire sempre più il nostro carnevale, tra questi ricordiamo: Carlo Papa, Giuseppe Longo (1883) Sebastiano Longo (1908-1993) Grasso Luciano detto “Neddu”, Giovanni Condorelli, Lizzio – Belfiore, Ranieri – Ferlito, Coco, Parlato e tanti altri. La manifestazione carnascialesca, ricca in ogni sua espressione, continuata dagli attuali artigiani, che con impegno e maestria, tra i non pochi disagi, contribuiscono alla realizzazione della manifestazione folkloristica, degna dell’appellativo : “ Il più bel Carnevale di Sicilia”.

Il Carnevale in Fiore

Un tocco di gentilezza nel carnevale Acese appare nel lontano 1930 quando per la prima volta furono allestite delle autovetture ricoperte di fiori, ma solo nel dopoguerra, si ha la creazione del “soggetto” infiorato posto sulle autovetture del tempo. Con fantasia personale ed un tocco di maestria, i partecipanti al concorso curavano e realizzavano i loro “soggetti”, precedentemente progettati. Ferro, legno, reti metalliche, e successivamente anche il polisterolo, erano alla base della struttura alla quale in ultimo si applicava l’elemento decorativo floreale.
L’esperienza, la fantasia e l’antagonismo dei costruttori, aumentarono la maestosità e la complessità dei “soggetti”, che via via richiesero l’apporto di una struttura indipendente da trainare. Più tardi nacque l’idea del movimento manuale o meccanico di alcune parti della struttura infiorata. Ai giorni nostri, alle macchine infiorate si potrebbe dare la denominazione di “carri floreali”, che non sono da meno, per tecnica, elaborazione e bellezza, ai carri di cartapesta, vanto del più bel carnevale di Sicilia. 

Le Maschere

Le maschere “personaggio” traggono origine come strumento di satira sociale verso la metà del XVI secolo, proprio dai personaggi che avevano dominato il sistema politicamente ed economicamente nei secoli precedenti e che invece nel presente non contavano più e che quindi venivano presi di mira dalla satira, che li trasformava e li rendeva agli occhi di tutti ridicoli e comici. Ai giorni nostri le maschere oltre che trarre origini da quelle antiche e da tutto ciò che ci circonda, si rifanno soprattutto agli eroi di film e cartoni animati.
La maschera siciliana per antonomasia è PEPPE NAPPA, che impersona le vesti di un servo sciocco. Come maschera nasce a cavallo del XVII – XVIII traendo le sue origini da un’altra maschera, lo “Zani Pedrolino” servo cortese e semplice, sempre innamorato che si contrapponeva a Brighella, servo astuto ed imbroglione. La maschera di Peppe Nappa, nei secoli passati ebbe maggior fortuna, mentre ai giorni nostri, pochissimi conoscono l’esistenza del servetto tontolone vestito d’azzurro.


La lavorazione della Cartapesta

Si dice che già nel ’600 la cartapesta venisse impiegata per eseguire statue sacre e non, ma il suo utilizzo per la realizzazione di mascheroni per carri allegorici è molto recente. Per eseguire le maschere di cartapesta bisogna attuare delle fasi ben precise.

Una volta scelto il soggetto della maschera si passa alla prima fase che è la preparazione dell’argilla. Dalla forma iniziale della maschera, via via si modellano i tratti della bocca, del naso, degli occhi ecc., che vengono eseguiti con strumenti di moldeggio. Durante l’esecuzione dei particolari bisogna accentuare sia le forme che le sporgenze, poiché questi sparirebbero se non accentuati al momento della successiva fase del calco. Quest’ultimo si può eseguire dopo aver spennellato con olio il lavoro realizzato. Per attuare lo stampo occorre del comune gesso, che opportunamente mescolato con acqua viene spalmato sulla creta per uno spessore di circa 8-10 centimetri, affinché questi quando verrà staccato dalla matrice non si spezzi. Bisogna attendere che il gesso sia ben asciutto e a questo punto si procederà staccando la creta dallo stampo, finché esso non rimane completamente vuoto e pulito, pronto per lo stampaggio della cartapesta.

Dopo inizia la “vera” lavorazione della cartapesta. Intanto occorrono dei giornali tagliati a strisce rettangolari; le prime strisce di carta verranno applicate nello stampo anziché con colla solo con acqua per non appiccicare.

Una volta applicato il primo strato che verrà distribuito in tutte le direzioni, si incolleranno gli strati successivi, questa volta, opportunamente spalmati di colla. Bisogna fare attenzione che le strisce aderiscano totalmente nello stampo.

Completata questa operazione si attende che gli strati di carta asciughino. Si cercherà poi di staccare la carta plasmata nello stampo, utilizzando i margini sporgenti dello stesso.
Tirata fuori dallo stampo, la cartapesta è plasmata secondo l’esatta forma voluta, della maschera, e si passa alla fase successiva della gessatura.

La predetta consiste nel pennellare più volte la maschera con gesso liquido, che una volta asciutto viene levigato con “carta vetrata”, dopodiché il lavoro, ovvero la maschera e’ pronta per essere dipinta. Dopo una prima mano di colore base, si passa alla pittura vera e propria, normalmente utilizzando colori ad acqua. Per finire la maschera viene verniciata afflinchè i colori acquistano lucentezza.
Lavorazione della Carta
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